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Dal Trovatore di Verdi ai cantuatori da stadio


3 Ago, 2013

MACERATA. Cosa accomuna Manrico a grandi nomi come Bob Dylan, Springsteen o Patti Smith, la sacerdotessa del rock che ha fatto scatenare lo Sferisterio? Un percorso affascinante alla ricerca di questo legame, tra la figura del trovatore e del cantautore, è stato il tema dell’Aperitivo Culturale che ha visto ospite, per il secondo anno, Simonetta Chiappini. Filosofa e profonda conoscitrice del melodramma italiano, ha guidato il pubblico lungo un ricchissimo excursus storico.

La figura del trovatore occitano, che nel medioevo metteva in musica e cantava le proprie poesie d’amore, con i secoli, nell’immaginario collettivo si ibrida con le figure del menestrello e del giullare. Il romanticismo ottocentesco riprende poi questa figura e ne fa il soggetto principale del melodramma romantico: Manrico è un fuori casta che ricerca nell’amore la via del riscatto sociale.

Nella seconda metà del Novecento il cantautore moderno evolve, pur mantenendo i caratteri di trasgressione e idealità: non ambisce più alla sacralizzazione dell’amore, ad essere cavaliere servente, ma si concentra sui temi politici e sociali divenendo cantore degli ultimi. Il cantautore ancora oggi è un continuatore della tradizione orale che si esprime con la tradizione folck, popolare e rock dove la chitarra sostituisce il liuto e la viella. In Italia non possiamo non ricordare i compianti Jannacci, Gaber, Tenco e De Andrè, considerato l’ultimo trovatore.share